A Trieste il caffè non è solo commercializzato ma vive, già all’interno del porto franco, l’intera filiera produttiva. Qui è possibile trovare:
Tutto ciò lo si deve principalmente ad una sola persona: l’imperatrice dell’impero austro-ungarico Maria Teresa d’Austria. Essa portò alla città una serie di riforme che la resero come la conosciamo oggi. Venne istituito il catasto, resa l’istruzione primaria obbligatoria e abolita l’inquisizione
Facciamo però un passo indietro. Grazie alla proclamazione a porto franco avvenuta per volontà di Carlo VI nel 1719 e al conseguente potenziamento effettuato da Maria Teresa d’Austria, Trieste diventa uno dei maggiori porti commerciali d’Europa.
Si può quindi affermare che già dai primi anni del ‘700 la città si specializza nella commercializzazione del caffè al pari di Amburgo, Marsiglia e Livorno. I più importati erano quelli prodotti in Etiopia e Yemen.
Ciò che ha influito maggiormente nella diffusione della bevanda sono state sicuramente le politiche dell’imperatrice asburgica sui dazi doganali. E’ infatti nel 1779 che vengono imposte tasse pesanti sull’utilizzo degli alcoolisti, al contrario di quelle presenti per il caffè.
Nel Friuli Venezia Giulia i primi a diffondere ed usare la bevanda sono stati gli aristocratici, su emulazione della casata reale. Successivamente verso la prima metà dell’800, è andata a diffondersi anche nella borghesia e nei ceti medi. Negli stessi anni si vede, in città, un forte aumento delle “Botteghe di caffè”: basti pensare che nel 1815 si contavano già ben 38 caffetterie su 33000 abitanti.
Altro grande incentivo dato da Maria Teresa d’Austria alla diffusione del prodotto era la possibilità di far vendere alcolici ai caffettieri e ai liquoristi di somministrare, vendere e produrre caffè.
Grazie a tutto questo e alle politiche dell’imperatrice, Trieste rimane legata alla bevanda in modo indelebile. Con gli anni che passano e l’aumentare delle caffetterie (e anche delle licenze) si mutano le abitudini degli abitanti. Il triestino della classe media comincia a fare maggior vita da caffè. Qui leggeva, scriveva, giocava e dialogava con altri suoi pari. È grazie anche a questo che sono sopravvissuti a guerre e crisi economiche, quelli che oggi sono definiti i caffè storici di Trieste.
In questi, grandi letterati come Svevo, Joyce, Saba e Stendhal hanno scritto pezzi della letteratura mondiale.
Tra i più famosi possiamo citare il caffè Tommaseo, aperto nel 1830 o anche il Caffè degli Specchi inaugurato solo un paio di anni prima. Non di meno è il caffè San Marco aperto nel 1914 che diviene subito luogo d’incontro degli irredentisti. Suoi clienti abituali dopo la ricostruzione (fu distrutto durante la Grande Guerra) furono: Saba, Svevo e Giotti.
La grande cultura per il caffè che i triestini hanno ereditato in tre secoli di storia del porto franco ha dato vita a scuole di formazione professionale dedicate al caffè espresso.
Tra questa sicuramente da menzionare è la Bazzara Academy che ha come mission la volontà di creare percorsi unici che possano entusiasmare e affascinare, oltre che diffondere, la passione per il caffè espresso di qualità attraverso l’utilizzo di strumenti all’avanguardia.
La Bazzara Academy è tra le poche accademie in Italia ad avere come formatori tre AST SCA interni: Andrea, Marco e Mauro Bazzara.
Marco è il Quality manager della struttura. Da sempre nel mondo del caffè ha scelto di arricchire il suo bagaglio sensoriale con diversi diplomi specializzanti: vino, miele, acqua, acquavite e cioccolato.
Presso la Bazzara Academy si possono seguire corsi su misura, studiati insieme al formatore oppure seguire uno dei corsi del Coffee Skills Program SCA, così da conseguire gli esami per ricevere le certificazioni.
Per maggiori informazioni scrivere a academy@bazzara.it
Per il secondo anno consecutivo Bazzara si classifica prima nella categoria ‘Caffè da Selezione’, un riconoscimento assegnato dagli chef dell’alta ristorazione ai Luxury Food&Beverage Quality Awards 2024
L’autore dell’intervento, situato a pagina 208 intitolato IMPATTO DELLA TOSTATURA SUL PRODOTTO FINALE, è ROBERTO PEDINI e non Luca Giberti come erroneamente indicato. Pertanto, nei volumi presenti a magazzino verrà riportato il nominativo corretto con l’apposizione di un ideoneo supporto adesivo. Mentre future eventuali ristampe avranno l’indicazione corretta dell’autore dell’articolo.